Un modo alternativo per ritardare la separazione dello strato limite è quello di iniettare nel flusso, tangenzialmente alla superficie del profilo, una corrente di aria ad alta velocità. Questo aumento di quantità di moto accelera nuovamente le particelle più lente dello strato limite che erano state rallentate dagli effetti viscosi di parete, permettendo così di incrementare l’angolo di attacco al quale il profilo stalla.
Ala soffiata

Il Breguet Br 941 fu il primo velivolo ad introdurre il concetto di ala soffiata nell’ipersostentazione.
Un ipersostentatore di tipo convenzionale aumenta il coefficiente di portanza di un profilo alare aumentandone la curvatura e (a seconda dei modelli) la corda. Dal momento che il flap è posto in una zona naturalmente soggetta alla separazione dello strato limite, sono usati sistemi passivi (a fessura, come negli slotted flap in cui una fessura mette in comunicazione il ventre del profilo con il dorso del flap energizzando lo strato limite) ed attivi come il flap soffiato, in cui il flusso dello scarico dei motori investe i flap aumentando la velocità del flusso d’aria sul profilo ed il relativo effetto Coandă.[6]
Una delle prime applicazioni di ala soffiata fu il velivolo da trasporto francese Breguet Br 941. I suoi quattro motori turboelica erano disposti in modo tale che il flusso generato dalle eliche sovradimensionate investisse completamente le ali. In atterraggio, i suoi flap (che avevano la forma che ricordava le lamelle delle tende veneziane) estesi con un angolo di ben 97° deviavano verso il basso il flusso di aria prodotto dalle eliche consentendo velocità di avvicinamento particolarmente basse.
Successivamente, su alcuni velivoli con motore turbofan tra cui il Boeing YC-14 e l’Antonov An-72, furono sperimentate configurazioni USB (upper-surface blowing) con motori posti sopra l’ala e con lo scarico diretto sul dorso dei flap. Molti aerei da trasporto moderni, dal McDonnell Douglas C-17 all’Airbus A380, sfruttano il flusso dei gas di scarico dei loro motori a reazione (installati sotto l’ala) che investono i flap solamente quando sono estesi.
Jet flap

Sezione di un flap di F-104. Con A sono indicati gli ugelli da cui esce il flusso di aria compressa (in rosso nel disegno) spillata dal compressore del motore General Electric J79 e convogliata nell’ala dal condotto C.
Per controllare lo strato limite, l’aria compressa, spillata dai motori del velivolo, può anche essere opportunamente convogliata con tubazioni ed ugelli in modo da distribuirla secondo uno strato sottile sul dorso o sul bordo di uscita dei profili (come nel velivolo da trasporto sperimentale inglese Hunting H.126).
Con jet flap si intende l’eiezione di un getto piano di aria compressa esteso per tutto il bordo di uscita dell’ala in grado di indurre un flusso asimmetrico ed una circolazione aggiuntiva sull’ala stessa che produce un effetto pari a quello di un ipersostentatore di grandi dimensioni. Per facilitare la variazione dell’angolo con cui il getto lascia il bordo di uscita relativamente alla direzione del flusso indisturbato, l’aria è generalmente espulsa da fessure poste a monte del bordo di uscita dell’ala, sul dorso di un piccolo flap che può essere inclinato di un angolo opportuno. Questo schema, impiegato ad esempio sull’F-104, richiede tubazioni che corrono attraverso l’ala, ed è per questo noto anche come sistema a flusso interno.[20]
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